Non so quanto sarà lungo domani, non so se sarà sole o vento o pioggia.
Non so se avrò paura del buio o se sarà dolce dormire.
Non so nemmeno se saprò ancora essere me stessa o se la vigliaccheria mi cambierà.
È qualcosa che ti è nato dentro, forse da sempre, prima ancora di conoscerlo. Per un po’ è rimasto silenzioso, nell’angolo più remoto. Ti osservava e ti ha dato del tempo.
Poi poco alla volta ha iniziato a crescere e a farsi sentire. Lo hai pensato amore, smania, rabbia, stress, dolore. E forse non era nulla di tutto questo.
Non so neppure se ha vita propria o se è parte di me.
È cresciuto, in modo sempre più prepotente ha preteso di essere sentito, ha preteso il suo spazio. E tu hai ancora cercato di dargli un nome, una frequenza come il battito d’un tempo. A volte lo hai avvertito come un fastidio momentaneo, anche se il momento diventava stabilità. Lo hai nascosto, perché ignorarlo è un tentativo di renderlo inerme, debole, meno vero, è un modo per vincerlo.
Questa notte non so ancora come chiamarlo, o forse è solo paura di pronunciare il suo nome.
Ma di una cosa sono certa: è nato, cresciuto e prosegue a crescere, coltivato da smisurata passione.